Stefano Carnicelli

SCRITTORE

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Caro Stefano, ti disturbo, come ti avevo anticipato, per dirti alcune cose su Il Cielo Capovolto.
Non potevo obbligare i miei pensieri ed i miei pareri, sorti soprattutto a lettura conclusa, a restare chiusi in me.
Certo è che, se su Anobii.com, mi è generalmente abbastanza facile recensire un libro letto, con il tuo non è e non sarebbe la stessa cosa.

Sarà che abbiamo vissuto diversi concerti assieme, durante i quali ci siamo nutriti delle splendide poesie dei tuoi cantautori preferiti.
Sarà che mi sono ritrovata molto in alcuni pensieri di Francesco ed ho ritrovato amici in un  Andrea o un Ivano.
Sarà che sarò ricorsa per lungo tempo dall’immagine di un cielo capovolto.
Sarà per i suddetti e per tanti altri motivi che, in fondo, spero di raggruppare nel più conciso spazio, quanto penso e vorrei dire.

Innanzitutto, un Bravo ce vo‘!

Hai messo giù una storia che, a differenza dei più, è molto Tua.
Francesco sei tu, sebbene ci sia di mezzo una laurea in Ingegneria, per sviare il lettore – ma non quello che, un pochino ti conosce – come a tratti mi sembra dedurre che tu voglia essere anche un po’ Mario, un padre esemplare.

Il loro rapporto è riportato da te in maniera semplice, diretta, corretta e, soprattutto, toccante.
Oggi, non è certo facile trovare romanzi che si concentrino tanto sull’analisi umana e sullo svisceramento dei sentimenti.

Probabilmente, siamo troppo assuefatti anche di storie e vicende, da voler sempre essere stupiti.

Invece, come hai dimostrato tu stesso, basterebbe l’amore familiare (ed i piccoli gesti che lo fanno percepire ed apprezzare) e la sensibilità alle arti a salvare il mondo.

Avevo segnato, per questo, ritenendoli tra i passaggi migliori, la lettera scritta in occasione del funerale, la tua analisi del nome “Il Cielo Capovolto” ad Ivano (deve essere stata un’ardua ma mirifica ricerca quella della storia di Tiresias), l’incontro con Don Markus e la sua lettura di Sant’Agostino, la lettera scritta a Stella (difficilmente dimenticherò che l’amore si fa piccolo per crescere – cfr. pag.173) , l’epistola di Stella per Francesco (meraviglioso il punto, al centro di pag. 214 in cui parli dei sogni come vestiti), il salvifico rendez-vous con Tony, che riesce a riabilitare Francesco (pensavo di estrapolare la storia del conte e di tenerla a vista – cfr.pag.239)  e last but not least, la ricetta della grigia!

Qualche passaggio, ogni tanto, sembra avere qualche ripetizione ma, nel contesto, sembra piuttosto utile a rafforzare concetti e pensieri dei personaggi!

Formalmente, è ben scritto ed il lirismo, del quale nei ringraziamenti ti sei accusato, non inonda per nulla la prosa; i termini più aulici e ricercati, anzi, sono ben posti.

I cambi di timbri e tonalità sono ben chiari e certo è che, se tutti fossimo bravi come Antonella nella lettura, riusciremmo a dare ancora più vita e vitalità a quanto hai scritto.
Insomma, nel mio piccolo parere, il romanzo funziona ed è, per altro, quasi impossibile restare inermi ed impassibili dinanzi all’immagine di questa grande metafora del Cielo, che guida tutto il narrarsi.

Non si può essere imperturbabili, se cullati dalle note poetiche che emergono dalla lettura dei brani che hai riportati; ed è quello che, in parte, sostiene anche Pino Roveredo, nella prefazione.

E poi, aver le parole “d’inizio” di un Premio Campiello non è mica da tutti, eh?!
Quindi, tieni ben stretto quanto hai scritto, perché ti aiuterà sempre a guardare allo specchio ed a riconoscerti, a differenza di un Ivano o di un Francesco, nei sette mesi senza Stella.

Grazie per la gradevolissima lettura e per le immagini che porterò con me.
Forse, mentre andrò all’Università, beccherò anche io un bel Cielo Capovolto e, benché spesso qui a Pisa, tenda a confondersi con l’Arno, so che da ora in poi, potrei giustificare l’uggiosa visione, più facilmente…
aspettando di essere “colpita” dal Blu.

Ti auguro di trarre tanta fortuna e soddisfazione da questo libro, più di quanto – credo – tu ne abbia già avuta.

Roberta

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