Stefano Carnicelli

SCRITTORE

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“La Vita vince sempre”… (Premio Seneca 2021)

Cristina aveva 36 anni e amava la vita. Si dice che un’esistenza piena sia ben altra cosa rispetto a una vita trascinata pigramente. Energia, allegria e sorrisi erano gli ingredienti del suo vivere.

Sin da giovanissima, finita la scuola, cercava lavori lampo per “fare cassa”. I soldi guadagnati li investiva in biglietti aerei. Un anno Londra, poi Dublino, Parigi, New York e altre mete. Imparò l’inglese e il francese e, soprattutto, conobbe il mondo.

Nei tempi regolari completò gli studi. Decise di non fare l’università. Preferì entrare subito nel mondo del lavoro. Seguì dei corsi che riguardavano il marketing e la pubblicità. Infine, entrò in un’avviata agenzia di promozione e pubblicità. Riusciva a mixare grafica, fotografia, messaggi. Le campagne alle quali partecipava colpivano.

Conobbe Toni. Fu un incontro casuale; alla prima di una mostra, dove Cristina aveva collaborato alla predisposizione della sala. Si trattava di un giovane sfigato pittore portoghese, aspirante suicida. La bellezza degli allestimenti stava nell’aver creato un grande contrasto tra la luminosità degli stessi e la tenebrosità delle opere esposte. All’inizio era apparsa provocatoria. Fu quasi sconfessata. Tenne duro e non retrocesse. L’idea del forte contrasto fu apprezzata. Piacque a tutti; soprattutto al pittore. Favorì anche la scelta del titolo della mostra… “La Vita vince sempre”. L’artista era ossessionato dai paesaggi urbani. Nei quadri proponeva tonalità scure, pennellate dense tendenti al nero. Erano ricchi di edifici post industriali, case abbandonate, incroci di strade. Spesso inseriva persone, gettate qua e là, abbandonate. Il messaggio era chiaro: luoghi senza tempo, atmosfere cupe e sospese, silenzio, vuoto e vertigini. Palese la solitudine umana, il distacco… quasi un rinunciare alla vita.

Cristina ebbe la grande idea di andare controcorrente. La luce e l’idea della vita avrebbero esaltato quelle opere così belle ma cupe. Dopo essersi calato in quelle tetre tonalità, il visitatore sarebbe tornato alla luce respirando, nuovamente, la vita. Un gradito ritorno prima di immergersi nuovamente in quei paesaggi lugubri.

Vinse lei. Ebbe ragione. La sua idea suscitò un grande interesse intorno alla mostra. Chi ebbe la fortuna di visitare la galleria, visse questo incredibile viaggio sospeso tra inferno e paradiso.

Anche Toni percepì questo percorso emotivo. Fu Cristina a guidarlo. Stabilirono subito un bel rapporto. Toni era un agente di commercio. Amava l’arte. Terminò la visita con un caffè che volle offrire alla sua guida. Prima dei saluti, si scambiarono i numeri di telefono. Toni era più giovane di 12 anni. L’età non contava…

Si frequentarono con la gioia degli adolescenti. Scoprirono di avere tante cose in comune. Il bacio cercato arrivò. Ebbe il sapore della prima volta; restarono in silenzio, viso contro viso, mani nelle mani, per non interrompere la loro favola. Si donarono emozioni nuove. Trovarono l’amore. Dopo qualche settimana Cristina portò le sue cose a casa di Toni. Aveva fatto posto nell’armadio e c’erano dei cassetti vuoti. Fu un tempo bello. Erano felici dentro.

Tra di loro non mancavano mai gli sguardi, i sorrisi e il dialogo. Cristina desiderava essere madre. Si sentiva pronta. Ne parlò con Toni. Si riteneva ancora piccolo; aveva solo 23 anni. Qualche legittimo dubbio affiorò tra i suoi pensieri. Pensò ai sentimenti che nutriva per Cristina. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Il tempo di un dolce sorriso e le sue braccia si aprirono per accoglierla. La ritenne la proposta più bella mai ricevuta.

Vissero un tempo di grande trasporto emotivo. Cercavano il più possibile di stare insieme. Avevano il disperato bisogno di programmare e attendere il futuro. Seppero che era una bambina. L’avrebbero chiamata Nicole.

Cristina era al quarto mese di gravidanza…

Mamma mia che botta! Ho accusato un fortissimo mal di testa. Poi dolore al collo, nausea e svenimento. Sono caduta in cucina. Il caffè. Non mi muovo. Sarò morta? Le mie parole  non ci sono più. Solo pensieri. Intorno è buio. Il nero è il colore della morte. Il buio è morte. La luce è vita. Non ho paura di morire.

Che scema. Sono una pazza. C’è Nicole dentro di me. Non posso abbandonarla. NICOLE… Urlo ma è un grido strozzato, interno. Mi sente. La sento. Si muove. E’ viva. Non posso morire. Non voglio morire. Devo pensare alla mia bambina. Il pavimento è freddo. Mi arriva attraverso il pigiama. Non mollare Nicole. Ci sono io. Toni non urlare. Non riesco a muovermi. Ho perso la voce.

Che destino assurdo. La morte mi ha portato l’amore. Ricordi Toni? La mostra dello sfigato pittore lugubre? La morte è tornata. E’ cattiva. Mi ha fatto scoppiare qualcosa in testa. Il buio. Mi vuole. Mi ha dato e ora mi toglie. E Nicole? Non toccarla brutta strega. Ti ammazzo se ti azzardi. Sono fuori. Potrò mai uccidere la morte? La morte è morta, punto!

Cosa fate? Dove mi portate? Piano, vi prego. C’è Nicole. Meno male che c’è Toni. Lui non sta come me. Può parlare. Strilla. Ha gridato ai medici che sono incinta. La barella. Mi portano via di corsa. La sirena urla. Toni mi tiene la mano. Me la bagna. Sta piangendo. Mi hanno attaccato dei macchinari. Ho una maschera sul viso. Mi concentro su Nicole. Cerco i suoi segni vitali… Scalcia. Bene.

Sono in ospedale. Fasi concitate. Può una morta dare alla luce una bambina? Sembra impossibile. Non importa cosa sarà di me. Vi prego. Salvate Nicole. Letto, monitor, respiratore, fili e flebo. Vogliono alimentarmi così alimento Nicole. Le flebo servono a questo. Sono ferma. Immobile. Il tempo non esiste più. L’ho smarrito.

Toni c’è quasi sempre. Forse non sta lavorando. Mi accarezza, mi coccola. Mi parla e racconta storie. Le nostre. Ride. Piange. Soffre. Penso che non dovrebbe soffrire. TONI… grido ma niente. Non può sentirmi. Mi tiene la mano. Mi dice di non lasciarlo. Non accadrà. Ci sarò sempre. Comunque vada. Piuttosto… pensa a Nicole. Farò del tutto per darti la nostra bellissima bambina.

Mi vogliono bene. Mi lavano. Le sento parlare. Sono bella, a loro dire. Mi pettinano. Sono ordinata. Qualche spruzzo di profumo. Continuo il mio sonno profondo. Penso sempre a Nicole. Per fortuna si muove. E’ una monella, vispa. Tutta la madre.

Il gran giorno. C’è un prete con Toni. Cosa vorrà? Non facciamo scherzi. Devo pensare ancora a Nicole. Mandalo via Toni! Non voglio l’estrema unzione. Toni mi bacia. Gli anelli. Mi sposa. Il suo si. Il mio? Il mio è sempre. Non ci unisce un anello; è l’amore che ci lega. Sono commossa. Vorrei piangere. NICOLE… si è mossa. Scusami piccola, volevo dirti che tuo padre è un uomo meraviglioso.

Sono sfinita. Reggo per Nicole. Sono colpevole. Lei deve sapere. NICOLE… scalcia. Amore perdona la mia futura assenza. Non fuggo. Mi vogliono ma non avranno te. Non sarai trascinata nel buio. Ti darò alla luce ma non potrò tenerti la mano. Ha voluto così. Mi chiedi, chi? Lei, la morte. Siamo fatti per vivere e non per morire. E’ questo il miracolo, Nicole. Tu rinasci dalla morte. Non sarai sola. C’è Toni. Io e lui in una sola persona. Lo abbraccerai ed io sarò con voi. Un abbraccio a tre. Sempre…

Sono ancora più stanca. Percepisco i medici intorno a me. Stento a capire. I monitor. Valori alterati. Il letto si muove. Corre. Emergenza. Sala operatoria. Nicole non aver paura. Ci siamo. Mamma è con te. Lo sarà sempre. Voci concitate. Tutti intorno a me. Il taglio. Parto cesareo. Sopra le voci arriva il tuo vagito. Ben arrivata amore mio. Missione compiuta. Perdonami ancora Nicole. Toni ora sta a te. Perdonami anche tu. Vi amo. Devo andare. Una lacrima. Addio mondo. BEEP…

Il 24 marzo 2006 Cristina fu ricoverata d’urgenza all’ospedale Niguarda di Milano per un aneurisma cerebrale. Era incinta. Non furono date speranza. I medici avrebbero tentato l’impossibile: mantenere le funzioni vitali della madre per tenere in vita la bambina. Così l’avrebbero portata fino al parto. Il corpo di Cristina doveva funzionare come un incubatore.

Il 10 giugno, 78 giorni dopo il ricovero, le condizioni di Cristina peggiorarono. Un calo pressorio. Era giunto il momento. Dovevano farla nascere. Toni corse in ospedale. La vide. Ebbe paura. Era grande come una mano e pesava appena 713 grammi. Un miracolo. Nicole era viva! Non sapeva ancora se ce l’avrebbe fatta. Staccarono le macchine. Cristina lasciò la sala parto per l’obitorio. Gli organi furono donati per generare altra vita. Altri miracoli.

Il 25 agosto Cristina Nicole, questo il suo nome, è stata dimessa. Stava bene. Nel terribile dramma vissuto, Toni si sentiva fortunato per aver avuto la gioia della loro bambina. La tenacia, la forza e l’amore di Cristina sono stati gli elementi che hanno dato alla luce Nicole.

Toni avrà tempo per raccontarle la loro storia, anche se, in qualche modo, già la conosce. Ogni mattina, appena si sveglia, la bambina bacia la foto di Cristina che ha sul comodino. Il loro è un legame che viene da lontano; è così forte da sbugiardare persino la morte. Percepisce la presenza della mamma; le sembrerà di conoscerla, da sempre, come se fosse lì accanto a lei…

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